24/08/07

Parliamo di "intelligenza"

La lettura di un post di Elena Franco sui misteri del cervello umano mi ha fornito l'input per scrivere il presente articolo e fare il punto su ciò che, secondo recenti e accreditate ricerche, si intende per “intelligenza”.

Iniziamo subito con alcune domande:

1. che cos’è l’intelligenza?
2. L’intelligenza è una o ce ne sono diversi tipi?
3. Si può misurare l’intelligenza?
4. L’intelligenza è innata o dipende dall’ambiente?
5. Esiste una relazione tra sesso e intelligenza?

In relazione alla prima domanda, si può affermare che, per quanto l’intelligenza sia stata a lungo studiata da molti autorevoli ricercatori, si è ancora lontani dall'aver raggiunto un consenso unanime su una definizione capace di fissarne le caratteristiche di maggior rilievo. Si può comunque affermare che c’è una sostanziale concordanza nel considerare l'intelligenza, in un'ottica evoluzionistica, come strumento che migliora l'adattamento all'ambiente.
Da ciò deriva che l’intelligenza è in primo luogo la capacità di risolvere nuovi problemi, oppure di risolvere vecchi problemi in maniera innovativa. L'intelligenza è anche implicata nello stabilire sia nuove relazioni tra due o più elementi che nel rilevare contrasti tra essi.

Tali operazioni non sono strettamente limitate al momento presente o a un passato più o meno lontano, ma possono riguardare anche situazioni che non si sono ancora realizzate e perfino situazioni ipotetiche che potrebbero non verificarsi mai. L'elemento novità sembra essere, in ogni caso, un requisito comune affinché si possa parlare di un reale utilizzo di facoltà intelligenti. Infatti, la semplice applicazione di regole o algoritmi per portare meccanicamente a termine compiti o per risolvere problemi già affrontati con successo in passato non si considera, in genere, un'attività intelligente. Questo aspetto costituisce una distinzione fondamentale da far valere nei confronti di coloro che ritengono le doti intellettive umane interamente riducibili a operazioni computazionali.

La cosiddetta Intelligenza Artificiale si propone di emulare le capacità del nostro cervello (quindi anche l'intelligenza) mediante la semplice esecuzione di operazioni sulla base di procedure e regole per la manipolazione di simboli. Essendo esse predefinite, ossia fornite prima che l'elaboratore elettronico svolga il compito assegnato, non possono avere nulla di realmente innovativo. Forse l'aspetto distintivo dell'intelligenza umana rispetto alle capacità di calcolo dei computer sta proprio nel riuscire ad andare, per determinati aspetti ed entro certi limiti, oltre gli algoritmi e i riferimenti posseduti in partenza. In ogni operazione intelligente è forse implicito una sorta di salto logico, che consente di pervenire a risultati non completamente deducibili dagli elementi e dalle regole iniziali. In questo senso, l'intelligenza non sarebbe del tutto indipendente dall'intuizione, la cui caratteristica principale è quella di non seguire i normali percorsi della logica formale.

2. L’intelligenza è una o ce ne sono diversi tipi?
Da un'idea iniziale di intelligenza come competenza generale, monolitica, capace di esprimersi in forme diverse, ma riconducibile a un unico fattore di base [citiamo Charles Spearman, per il quale l'intelligenza sarebbe costituita da un unico fattore generale (g), capace di render conto di tutte le abilità necessarie ad affrontare i diversi compiti intellettuali] si è passati a poco a poco a una concezione che attribuisce un'indipendenza anche notevole alle diverse componenti [J. P. Guilford arriva a ipotizzare l'esistenza di più di 150 componenti diverse, risultanti dalla combinazione di 3 tipi di variabili fondamentali: le operazioni, il contenuto e il prodotto].

Tra le prime tipologie ad essere riconosciute come manifestazioni autonome dell'intelligenza ci sono le capacità logico-matematiche, le capacità verbali e l'intelligenza spaziale.

Una classificazione recente e ormai famosa è quella di Howard Gardner, professore di psicologia all’Università di Harvard e insegnante di neurologia alla School of Medicine dell’Univerità di Boston. Gardner, studiando per anni il cervello, ha scoperto l’esistenza di nove diversi tipi di intelligenze, sette in più rispetto a quelle analizzate dai test standard per la valutazione del Q.I.:
linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, fisico-cinestetica, intersociale, intrasociale, naturalistica, esistenziale.

Dice Gardner, in un’intervista : “Non ha alcun senso definire intelligenti solamente le persone che sono brave nel settore linguistico o nel settore logico-matematico. Non c'è alcun motivo intrinseco per considerare un'intelligenza più importante di un'altra. Sembra un fatto banale e invece è di cruciale importanza. Sentiamo continuamente definire intelligente una persona solo perché, poniamo, scrive bene su un giornale. In qualche caso la si manda addirittura in Parlamento e si ha poi la sgradita sorpresa di scoprire che di politica non capisce nulla. Se fossimo stati capaci di ragionare in termini di intelligenza multiple avremmo potuto dire con tutta tranquillità che quella persona ha una spiccata intelligenza linguistica e una scarsissima intelligenza intrasociale. Avremmo in questo modo evitato lo spreco di un seggio in Parlamento. Non mi pare, davvero, cosa da poco…”

In tale prospettiva, quella che viene comunemente chiamata intelligenza, potrebbe essere vista come una capacità multiforme, in grado di esprimersi all'interno di una gamma di attitudini che sfuma da una forma all'altra senza soluzione di continuità.

Negli ultimi anni, accanto alle tradizionali manifestazioni riconosciute all'intelligenza, ha acquisito progressivamente grande importanza quella che viene definita intelligenza emotiva, ossia la capacità di comprendere e di utilizzare al meglio i vissuti interiori, propri e quelli degli altri, che si traduce in una maggiore fiducia in se stessi, adattabilità ed empatia: tutti fattori che contribuiscono al successo sociale.

Non si può, infine, ignorare la concezione di intelligenza proposta da Robert Sternberg ed espressa nella teoria tripolare o triarchica o multi-componenziale, con la quale l'autore si propone di superare i limiti delle teorie precedenti, e in particolare delle teorie psicometriche e delle teorie cognitive.
L'idea portante della prospettiva sviluppata da Sternberg è che l'intelligenza non rappresenti un'unica facoltà, ma sia costituita da un insieme molto ampio di abilità cognitive tra loro diverse. Ciò richiede un certo numero di sub-teorie, strettamente collegate tra loro, delle quali le tre più importanti si occuperebbero rispettivamente:

- del contesto in cui si svolge il comportamento intelligente
- dei processi cognitivi che sono alla base del comportamento
- dell'esperienza, che funge da mediatore tra l'organismo e l'ambiente esterno.

3. Si può misurare l’intelligenza?
La risposta alla domanda è controversa. Il primo test di intelligenza, la scala di Binet, venne utilizzato nel 1905 per misurare le capacità intellettive dei bambini in età scolare; nel 1917 fu introdotto il concetto di QI (quoziente di intelligenza), inteso come rapporto tra età mentale ed età cronologica.
Attualmente sono moltissimi i test di intelligenza disponibili; uno dei più usati è il WAIS-R, costituito da 11 sotto-test.
Gli studiosi sono concordi nel ritenere che i test del Q.I. sono in grado di predire quale sarà il livello di abilità del soggetto nell’affrontare le materie scolastiche, ma non consentono affatto di predire quali risultati il soggetto otterrà invece nella vita.
In altre parole non possono “ misurare” le competenze intellettive dell’individuo.

4. L’intelligenza è innata o dipende dall’ambiente?Il problema di stabilire se le facoltà intellettive siano geneticamente determinate, oppure si sviluppino in seguito all'interazione con l'ambiente, si trascina da alcuni decenni senza che si siano raggiunti risultati conclusivi in un senso o nell'altro. Su questo tema, negli anni '70, si è sviluppato un aspro dibattito, in particolar modo tra Hans J. Eysenck e Leon Kamin, due psicologi che rappresentavano le due opposte concezioni.

Gli echi di tale scontro non si sono ancora del tutto spenti, anche perché i termini del contendere non hanno un significato puramente teorico, ma investono, com'è facile rendersi conto, anche il campo sociale, politico e, persino, quello dell'etica. Se, infatti, le capacità attraverso cui si esprime l'intelligenza sono ereditarie, allora è del tutto inutile compiere sforzi, impegnare risorse, umane ed economiche, a favore di individui che sono comunque destinati a rimanere nella mediocrità.

Se, invece, l'intelligenza, almeno nell'età evolutiva, può essere accresciuta tramite appropriate tecniche, viene a cadere ogni alibi per chi vorrebbe che i meno dotati siano abbandonati al loro destino. Non manca chi sostiene che il grado di intelligenza, al contrario di quanto credono molti innatisti, possa essere migliorato non soltanto nell'età dello sviluppo, ma anche durante l'intero arco della vita di un individuo.

Reuven Feuerstein, lo psicologo più rappresentativo di questa prospettiva teorica, ha messo a punto un programma, largamente noto in tutto il mondo, che consente un notevole recupero delle capacità cognitive, nei settori specifici in cui queste sono maggiormente carenti.

5. Esiste una relazione tra sesso e intelligenza?Per secoli la donna è stata considerata meno intelligente dell'uomo. A sostegno di questa tesi si portava il fatto che le donne, nel corso della storia, non avevano elaborato sistemi filosofici complessi, né realizzato scoperte scientifiche che potessero anche lontanamente eguagliare quelle compiute dall'uomo. Oggi si tende a considerare la questione in maniera differente: se, obiettivamente, non si può negare che le donne abbiano lasciato scarse tracce di sé nel campo della filosofia, dell'arte e della scienza, si riconosce pure che lo sviluppo e l'espressione delle facoltà intellettuali sono profondamente influenzate dai fattori sociali e culturali.

(L'articolo è stato realizzato mediante materiali reperiti in Rete e su testi specifici)

22 commenti:

  1. Ottimo, Annarita! Veramente una sintesi esaustiva e pregnante intorno ad un tema non facile. A mio parere, migliore della corrispondente voce in Wikipedia!... :)

    Renato

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  2. Caro Renato,grazie di aver avuto la pazienza di leggere sino in fondo un articolo non facile:-), che può risultare ad alcuni noioso!
    L'apprezzamneto gratifica, ma credo tu sia stato un po' eccessivo....comunque non mi dispiace, intendiamoci;-)
    Ci sentiamo e ci leggiamo presto.
    Buon fine settimana:-)
    Annarita

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  3. Ottimo post, sintetizza abbastanza bene le principali questioni sull'intelligenza. Sono in disaccordo riguardo le considerazioni sull'Intelligenza Artificiale, perchè secondo me sarà possibile in futuro riuscire ad eguagliare e superare le capacità intellettive degli animali superiori(e anche umane). Credo sia soltanto un problema di natura tecnologica.

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  4. Ciao Annarita, che dirti, super come sempre :D

    Mi sento piccolo piccolo a scrivere il mio commento a confronto con il tuo articolo, ma ce la butto qui comunque, d'altronde un giullare del web fa sempre comodo:D ehhee

    Hai presente la foto della testa di Homer Simpsons, quella dove si vede il cervello minuscolo ai raggi X?
    ehehehe io sono così. :P

    CiaaaauuuZZZ

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  5. per Antonio (thekaneb):
    intanto complimenti per il tuo interessante blog!
    Per quanto riguarda l'Intelligenza Artificiale, nell'articolo viene messa in relazione all'intelligenza umana e non a quella degli animali superiori. Pertanto, solo a tale confronto si riferisce! Permettimi, quindi, di risottolineare tali considerazioni e di continuare a non essere d'accordo sul fatto che si riduca il tutto ad "un problema di natura tecnologica":-)
    Grazie del commento e dello scambio costruttivo...e ripassa mi raccomando!

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  6. Per Traffyk:intanto, mi hai colpita per motivi che nulla hanno a che vedere con le dimensioni del cervellino di Homer Simpson! Mi sembra piuttosto evidente;-)
    I giullari, poi,hanno avuto (e continuano ad avere, in veste moderna) un ruolo chiave, quindi sulla loro utilità non si discute;-)...senza contare che mi stanno decisamente simpatici!

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  7. Ottimo post per un ottimo argomento. Sapere "dove andare a parare" è un ottimo modo per allenare l'intelligenza: conoscere in quali campi si è carenti aiuta a convogliare le energie nel modo giusto ;)

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  8. Certo, ho capito il tuo pensiero, ovviamente in un campo ancora così inesplorato come quello dell'intelligenza le varie opinioni non possono essere nè confutate nè tantomeno corroborate. La mia convinzione è, diciamo, dovuta alla mia visione meccanicistica del mondo, secondo la quale la nostra intelligenza è il frutto di una serie di reazioni chimiche e fisiche e in quanto tale può essere simulata, riprodotta e superata da controparti artificiali. (Dalla mia prospettiva ha quindi senso considerare anche l'intelligenza degli animali, ecco perchè li ho citati!)
    PS: grazie a te per essere passata dal mio blog!

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  9. Va bene,Antonio. Il tuo punto di vista è chiaro, anche se, come già detto, non lo condivido:-)
    E' un piacere discutere con una persona preparata come te, anche se siamo su linee di pensiero differenti: le dissonanze cognitive, quando costruttive, non possono che arricchire...
    A presto:-)
    Annarita

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  10. Ciao Annarita e grazie per avermi dato questo link molto interessante, ora lo metto tra i link del mio blog.

    Secondo me quando si parla di intelligenza bisogna innanzitutto scindere il suo significato da quella della sapienza, che è un'altra cosa. La sapienza corrisponde alla conoscenza culturale che spesso è di matrice scolastica ma che comunque è quasi sempre "teorica" e si può misurare con vari test.

    L'intelligenza secondo me è estremamente "pratica" ma non misurabile vita natural durante: solo quando di una persona defunta di cui sappiamo tutto possiamo dire con certezza se era intelligente o meno. Perchè a mio modo di vedere l'intelligenza è un insieme di grandi pregi, diversissimi tra loro: senso pratico, modo di porgersi con le persone e con se stessi, capacità di sapersi adattare alle situazioni avverse, buon senso, educazione, capacità di carpire i messaggi derivanti dalle situazioni che viviamo e chi più ne ha più ne metta.

    Per questo sono d'accordo con Guilford quando disse che esistono più di 150 intelligenze.

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  11. Caro Francesco, ti ringrazio del commento e del link, che ricambio volentieri:-)
    Veniamo ad "intelligenza" e "sapienza"! Per quanto riguarda la prima, nel post si è già detto che non esiste ancora, nonostante i vari studi condotti, una definizione unanime di intelligenza. Per cui sicuramente ci sta anche quanto tu affermi.
    Per quanto concerne la "sapienza" non sono molto d'accordo con la tua interpretazione poichè personalmente la chiamerei conoscenza, intesa come l'insieme delle conoscenze sia teoriche che pratiche acquisite in diversi ambiti, scolastici e non.
    La "sapienza" a mio avviso va oltre. Pensiamo a detti ed espressioni del tipo: "La sapienza di Salomone" oppure "Fecemi la divina potestate,La somma sapienza ed 'l primo amore (Dante)"
    Nel significato di sapienza sembrerebbero quindi coinvolte ricchezza di dottrina e di capacità spirituali......

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  12. Sulla validità dell'equazione sapienza=conoscenza sono d'accordo. Per quanto riguarda la definizione di sapienza mi sono espresso male io: intendevo dire che la stragrande maggioranza della nostra sapienza deriva da fonti teoriche, poi ovviamente un certo sbocco pratico c'è.

    Nel mio ragionamento volevo scindere il significato di sapienza da quello di saggezza, cosa che lessicalmente è sbagliata. Forse a causa di ciò potrebbe pensare che affermiamo due cose diverse, ma non credo sia così.

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  13. Forrest Gump diceva "stupido è chi lo stupido fa!!"

    eh eh

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  14. Ok, Francesco: hai chiarito il tuo pensiero:-)

    A presto

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  15. Per andrea opletal: Forrest Gump diceva prorpio così!
    Però un approfondimento non dispiacerebbe;-)

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  16. Cara Annarita il tuo post è talmente interessante da sollecitare in me una serie di riflessioni per le quali lo spazio di un commento sarebbe poco.
    Posso dire che il tuo articolo pone a mio avviso questioni sostanziali circa i metodi usati per insegnare, circa la conoscenza da parte di molti docenti dei diversi tipi di intelligenza (Gardner)

    Penso anche che l'intelligenza è una facoltà adattiva, legata non solo all'individuo ma all'epoca e alla cultura nel quale egli vive. L'avvento del web nei termini che conosciamo oggi ne è piena dimostrazione. Esso sfugge ormai a qualsiasi definizione.
    Apre a molte ipotesi affascinanti che sarebe interessante approfondire.

    Grazie per le sollecitazioni

    Un abbraccio

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  17. Cara Rosalba, sono perfettamente d'accordo con le tue considerazioni.

    Pensare all'intelligenza come a qualcosa di non monolitico e modificabile pone il docente nelle condizioni di pensare a diversi approcci nella didattica e ad assumere il punto di vista dell'apprendente.

    Incollo il tuo commento nel post di ieri in modo che tutti possano leggerlo.

    Un abbraccio
    annarita

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  18. Sono contenta che abbia apprezzato l'analisi, Angelita.

    Ciao

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  19. Significativa e divertente la
    vignetta tratta da:
    Aa.Vv. - La comprensione dello sviluppo - Giunti
    http://www.iouppo.com/life/pic1/068efb6ccf95e8efa2e7a21d08c657c8.jpg

    codiali saluti :-)

    Gabriele

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  20. PARTE PRIMA

    Ho letto tutto con calma e molto appassionatamente perché è un tema che mi sta particolarmente a cuore.

    1) Concordo con l'ultima definizione di Robert Sternberg, ritengo che l'intelligenza sia costruita su "abilità cognitive" che potrebbero coincidere con le "doti" che ogni individuo possiede per cavarsela nella vita. Doti mentali, ovviamente, non materiali.

    E' importante focalizzare questo concetto, specialmente lavorando con i ragazzi. La prospettiva cambia radicalmente se si pensa di avere di fronte un individuo intelligente piuttosto che non il contrario.

    Se immaginiamo l'intelligenza come l'espressione delle doti individuali si deve anche ammettere che in non tutti i contesti scolastici queste doti si possono esprimere.

    Supponiamo ad esempio di avere un ragazzino che ci appare un vero "tonto" e supponiamo per assurdo di averlo catalogato come tale.

    Immaginiamo poi di uscire una sera per andare a teatro e di trovarci tra gli attori il nostro presunto "tonto".

    Che effetto ci farebbe? Saremmo costretti a chiederci come è potuto sfuggirci un simile talento.

    Quante doti umane possono essere espresse in ambito scolastico?

    Quante possono essere riconosciute?

    Proprio la scorsa settimana ho quasi litigato con una collega (che vanta 20 anni di servizio) perché mi ha etichettato un fanciullo come "limitato" liquidando così le difficoltà scolastiche.

    Dopo aver lavorato 3 anni in genetica medica, con bimbi malformati, ho le idee molto chiare sui limiti del cervello umano.

    Sono come dire certa, che nessun insegnante può stabilire se un fanciullo è intelligente o meno (me compresa ovviamente) e del resto per avere simili certificazioni ci va un equipe medica.

    Eppure immancabilmente in consiglio parlano di "limiti". Io credo che l'unico limite dei nostri ragazzi sia quello che mettiamo noi. Gli insegnanti dovrebbero principalmente riconoscere un "disagio" nell'apprendere i "contenuti scolastici" ed attivarsi per superare questo disagio.

    Ecco perchè i tuoi blog, Annarita, sono particolarmente preziosi. Sono ricchi di spunti che se sfruttati permettono ai ragazzi di esprimere le loro doti.

    Continua...

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  21. PARTE SECONDA

    2) ritengo che l'intelligenza faccia parte delle caratteristiche individuali che dipendono da "fattori genetici-ambientali". Questa mi rendo conto che è una posizione scomoda da sostenere e ci tengo a dare ovviamente la mia spiegazione.

    In molte malattie genetiche rare è fortemente compromessa l'abilità cognitiva. Quindi qualcosa di fisico c'è.

    Ed ancora a parità di danno genetico si ha una variabilità nel fenotipo che dipende sicuramente da fattori ambientali, oltreché genetici.

    3) Anche se l'intelligenza dipende in parte da fattori genetici può migliorare. Provate a pensare a un bambino Down e alle aspettative di vita che aveva all'inizio del secolo. Oggi i Down lavorano. Parlano, contano, scrivono, leggono, vanno in bicicletta. Questo è dovuto al fatto che la capacità di apprendere per fortuna c'è, quindi se si lavora sodo si ottiene molto.

    4)L'influenza dell'ambiente è fondamentale. Un ambiente che non permette di esprimere le proprie doti è censurante e demotivante e spingerà l'individuo a non esercitare il talento.

    5) ed ancora mi permetto di aggiungere che una componente spesso sottovalutata è la "fantasia".

    La fantasia è fondamentale nei processi di apprendimento perché permette di immaginare le soluzioni. La fantasia è la dote essenziale che ci permette di collegare ciò che sappiamo con ciò che possiamo solo immaginare.

    Senza fantasia non si fanno ipotesi, senza logica non si fanno ipotesi ragionevoli.

    Eppure in ambiente scolastico viene spesso censurata la fantasia e privilegiata la logica.

    La frase tipica è "ha tanta fantasia e non sta con i piedi per terra".

    Provate a pensare ai disegni che si facevano da bambini. La maggior parte di noi ora sarebbe spaventato dal prendere una matita in mano.

    Quindi secondo me gli insegnanti dovrebbero privilegiare la fantasia che rimane fondamentale nei processi di apprendimento.

    6)varie ed eventuali: sono finita un po' (lievemente) off topic, quindi accetterò il blocco della moderazione nel caso si decidesse di fermare la risposta.

    Diciamo che ho tentato di collegare la tua bella ricerca al nostro ambiente scolastico, perché non fosse una riflessione fine a se stessa (probabilmente per tutti non lo è) e ci tenevo a farti conoscere la mia elaborazione del contenuto.


    Elena di scuola&scuola

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