01/01/13

Dialogo Di Un Venditore D'almanacchi e Di Un Passeggere



Almanacco di formato ridotto per l'anno 1832,
 abbellito  da una scenetta, con riferimento
                     alla stagione per ogni trimestre.
                         (Trovato con Google immagini)

Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere è uno scritto tratto dalle Operette Morali di Giacomo Leopardi (1798-1837).

Si tratta di un dialogo tra un venditore di calendari e un passante.
Nell'epoca dell'Internet ci sono i calendari virtuali, nell'Ottocento i calendari (almanacchi e lunari)  venivano venduti per strada, con significato augurale per l'Anno Nuovo.
Leopardi immagina una conversazione centrata sul tema della speranza nella felicità, una delle ottimistiche  illusioni degli uomini, per natura portati a sperare in un futuro migliore.
Anche il venditore crede che l'anno nuovo sarà migliore di quelli passati, ciò nonostante non ve n'è uno in cui possa affermare di essere stato felice.
Nella visione leopardiana, la felicità non esiste, vi è soltanto l'illusoria attesa di essa. Nessuno, avendone la possibilità, ripercorrerebbe la propria esistenza come  una copia carbone della stessa, ma ne accoglierebbe una nuova con tutte le incognite e i rischi che comporterebbe.
Gli esseri umani, in definitiva, antepongono la speranza alla ragione. Il leopardiano significato dell'esistenza e la bellezza di questa consistono nella illusoria attesa della felicità.
Il tono del dialogo, contenuto nell'ultima delle Operette Morali, tra il venditore ed il passante, è meno amaro e sarcastico di quello che ritroviamo in molte di esse. Le considerazioni sulla infelicità umana sono pacate... oserei dire quasi serene.

Ebbene, con serenità e pacatezza, da uomini qual siamo, continuiamo a sperare  in  un 2013 migliore!

*****

VENDITORE. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?

PASSEGGERE. Almanacchi per l’anno nuovo?

VENDITORE. Sì signore.

PASSEGGERE. Credete che sarà felice quest’anno nuovo?

VENDITORE. Oh illustrissimo sì, certo.

PASSEGGERE. Come quest’anno passato?

VENDITORE. Più più assai.

PASSEGGERE. Come quello di là?

VENDITORE. Più più, illustrissimo.

PASSEGGERE. Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?

VENDITORE. Signor no, non mi piacerebbe.

PASSEGGERE. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?

VENDITORE. Saranno vent’anni, illustrissimo.

PASSEGGERE. A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?

VENDITORE. Io? non saprei.

PASSEGGERE. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?

VENDITORE. No in verità, illustrissimo.

PASSEGGERE. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?

VENDITORE. Cotesto si sa.

PASSEGGERE. Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?

VENDITORE. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.

PASSEGGERE. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta nè più nè meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?

VENDITORE. Cotesto non vorrei.

PASSEGGERE. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?

VENDITORE. Lo credo cotesto.

PASSEGGERE. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?

VENDITORE. Signor no davvero, non tornerei.

PASSEGGERE. Oh che vita vorreste voi dunque?

VENDITORE. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.

PASSEGGERE. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?

VENDITORE. Appunto.

PASSEGGERE. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?

VENDITORE. Speriamo.

PASSEGGERE. Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.

VENDITORE. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.

PASSEGGERE. Ecco trenta soldi.

VENDITORE. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

5 commenti:

  1. Risposte
    1. Certamente, Enrì! Fiducia e speranza, sempre. Quello del diaologo è il pensiero di Leopardi, non il mio;)

      Buon Anno anche a te:)

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  2. Buona sera cara Annarita, su Blogaventura Reporter c'è un bello spettacolo di danza e... tu sei invitata. Un abbraccio, Fabio

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  3. Io non vorrei solo continuare a "sperare" in un 2013 migliore... Ma adoperarmi comcretamente per realizzare un 2013 migliore.

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  4. La felicità è fatta di attimi... in assoluto è difficile che esista. Un caro saluto,Fabio

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